Rimanere credibili ed essere al tempo stesso autentici e vulnerabili: è davvero possibile? Ti invito a leggere alcuni spunti su un tema che tocca da vicino chi guida persone e team.
Nelle ultime settimane ho riflettuto con due amici — entrambi manager con responsabilità elevate — su un passaggio specifico del mio articolo pubblicato su Nova de Il Sole 24 Ore: si tratta della distinzione tra spontaneità e autenticità. In particolare, ho ripreso un'opinion piece di Riccardo Maggiolo laddove chiarisce che mentre spontaneità è semplicemente fare ciò che si vuole, autenticità è essere ciò che si desidera. L’autenticità non è l’assenza di filtri o il dire tutto ciò che si pensa, ma piuttosto un processo di ascolto attento e scelta consapevole di quali messaggi ed emozioni comunicare. Questa riflessione si intreccia profondamente con l’integrazione corpo-mente che propongo nel mio lavoro secondo la quale possiamo agire realmente in modo autentico quando siamo consapevoli di chi siamo, non solo a livello cognitivo, ma anche nella nostra dimensione emotiva e sensoriale.
È sempre interessante osservare quali passaggi colpiscano di più, soprattutto in contesto corporate. Spesso sono proprio questi i punti di snodo che meritano ulteriori riflessioni.
Riporto alcuni dei commenti che il punto ha suscitato.
"La vera sfida è rimanere credibili nella leadership pur mostrandosi autentici — e quindi vulnerabili."
Un altro: "Non sono abituato ad aprirmi, ma ho imparato a non dover controllare sempre tutto. Ora che mi sono dato il permesso di mostrarmi, sto meglio. Anche se la mia predisposizione naturale non aiuta."
Al secondo ho risposto che già ammettere questo è un atto di apertura.
"Sì, ma ti espone" mi ha risposto
Ed io: "Se sei centrato, non ti espone ma apri e chiudi con consapevolezza. Apri quando sai che è il momento giusto. Questo è un sentire allenato. Non un capire."
Lui: "Vero, è un sentire."
Dipende dalla maturità emotiva dell’interlocutore? Sicuramente sì: la capacità dell'altro di ricevere un’apertura vulnerabile è importante. Ma conta anche — e forse soprattutto — la nostra capacità di aprirci da una posizione di centratura, non solo razionale, ma “sentita”.
L’essere centrati non è solo un pensiero ma uno stato raggiunto da un concorso tra corpo e mente. Quando sono centrata nella mia "completezza" raggiungo una solida regolazione emotiva: da qui posso scegliere con consapevolezza quando è giusto espormi.
Oltre a questo, contano anche le intenzioni: mi sto aprendo per cavalcare un momento emotivo che mi dà visibilità, o per servire uno scopo più alto? Uno scopo che parla del leader che voglio essere, e non solo di come voglio apparire?
Sono proprio questi due passaggi — centratura e intenzione — che ci supportano nel costruire una leadership autentica e credibile.
Il coaching somatico è un ambito che mi appassiona e su cui lavoro perché opera molto su questi livelli. È, a mio avviso, il primo approccio che affronta in modo sistematico il tema del felt sense nella leadership, come ritengo opportuno chiamarlo. Oltre a stili e modelli di analisi, ci invita a sentire i condizionamenti e le strategie somatico-relazionali che abbiamo inconsciamente incorporato. Quali narrazioni ci raccontiamo? E come le esprimiamo, corporalmente?
Parlo anche da esperienza personale. Come veneta, culturalmente predisposta alla concretezza e alla riservatezza — “poche parole, molti fatti”, come si dice — ho riconosciuto, prima con la mente e poi col corpo, dove e in che modo mi proteggevo per non espormi, dove ed in che modo emergevano convinzioni quali: "Se mi mostro, sono fragile. Mi espongo."
Con il tempo, e grazie a un lavoro profondo sulla regolazione emotiva, ho imparato ad aprirmi da una posizione di centratura "sentita", non solo razionalizzata.
E proprio questo ascolto di me stessa mi permette anche di cogliere con maggiore sensibilità quando l’altro è pronto a ricevere la mia apertura. Come potrei intuirlo, se prima non fossi “padrona” dei miei stati emotivi e sensoriali interiori?
Sono convinta che vada recuperato il sentire della leadership, non solo il capire. La centratura non è solo uno stato mentale. È una condizione somatica, una connessione corpo-mente. È da qui che nasce la qualità dell’"apertura". Da qui prende forma la fiducia. Ed è qui che si radica una leadership autentica.
Quando ti apri, lo fai da un luogo di centratura e sicurezza? O ti capita spesso di chiederti: “Starò facendo bene o starò facendo male?”.
Il vero leadership shift accade quando torni a sentire e quando superi le convinzioni che hai incorporato.